Fa parte del nostro attuale
mercato globale la delocalizzazione della produzione dove i vincoli
burocratici e il costo del lavoro sono meno pesanti, giusto? Ha conosciuto lo
stesso trend anche il settore della fornitura di bambini per conto
terzi. La surrogacy è un business enorme e fino ad ora i discount più
frequentati erano in Asia. Fino agli scandali che hanno portato a chiudere il
via vai di stranieri che inviavano bonifici alle agenzie e ritiravano bambini
fatti e finiti. Ricordate il piccolo Gammy? Frutto di una gravidanza
surrogata fu lasciato alla donna thai che aveva partorito insieme a lui anche
una bambina (brava lei che è nata sana) perché affetto da sindrome di Down. Fu
anche grazie allo scandalo che si sollevò in seguito al suo abbandono da parte
dei committenti australiani che la Thailandia irrigidì i termini di accesso
alla surrogata (a partire da fine luglio del 2015), soprattutto per gli
stranieri.
Le indagini
della giornalista dell’ABC News: dal piccolo Gammy a Bridget
A scoprire la drammatica
vicenda e a diffonderla fu proprio la tenace Samatha Hawley, autrice
dell’attuale reportage Damaged Babies & Broken Hearts: Ukraine’s
commercial surrogacy industry (Bambini difettosi e cuori spezzati:
l’industria della surrogata commerciale in Ucraina), a denunciare il caso e
mettersi sulle tracce di altri bimbi “commissionati e non ritirati”, alcuni mai
rintracciati.
Ora che le località del sud
est asiatico sono così poco ospitali, il nuovo infernale paradiso dell’utero in
affitto è l’Ucraina. Aumentate del 1000% le richieste negli ultimi tre anni, si
legge su TPI,
moltissimi gli italiani.
La bionda e volitiva
giornalista in forze all’emittente australiana ABC News ha indagato
instancabilmente sul fenomeno seguendolo anche nella sua versione indoeuropea e
si è concentrata soprattutto sul caso di una gravidanza ancora una volta
gemellare commissionata da una coppia americana e finita con la morte di un
bambino e l’abbandono della bambina a causa dei danni cerebrali conseguenti
al parto prematuro. Aveva un informatore a Kiev. Lo racconta nel dettaglio qua.
Seguiamo la storia come la
riporta Avvenire:
Questi i dati di cronaca,
raccontati da Hawley in un toccante reportage televisivo di oltre 20 minuti e in
un lungo articolo rintracciabile sul Web: Matthew S. E.T., 39 anni,
e la matura moglie Irmgard P., 61, stipulano un contratto di utero in affitto
in Ucraina. Nel febbraio 2016 la madre portatrice, che vive nell’area di
guerra, a Donetsk, mette al mondo due gemelli alla 25esima settimana di
gestazione.
Uno muore. L’altra è
Bridget, 800 grammi di peso. I medici riscontrano danni cerebrali. La coppia
americana è delusa, si aspettava un figlio perfetto, non certo un prodotto
difettoso… Così rifiutano Bridget, tornano in California e dopo cinque mesi,
con una lettera formale chiedono ai medici di «staccare la spina» alla figlia
lontana, visto che le sue condizioni appaiono irreversibili.
Il mercato
dei figli come Amazon: non ti piace? Fai un reso
L’avanzato Occidente, quando
si trova titolare di un intenso desiderio di genitorialità che
non riesce a soddisfare da sé e di un sufficiente conto in banca, si
dirige verso Kiev o altre città costellate di cliniche per le gravidanze
surrogate, di solito portate a termine – o no, come nel caso della povera madre
dei due gemellini nati troppo presto – da ragazze povere o poverissime.
Che poi, povere. Sono ricche
di fertilità, hanno il ventre da mettere sul mercato. Non è una
ricchezza anche questa?
La domanda è alta, l’offerta
si organizza. Ma se un prodotto per il quale si è pagato non viene consegnato
secondo le aspettative messe a contratto cosa fa un povero cliente
insoddisfatto, oltre a lasciare una pessima recensione? Rende il prodotto o,
come in questo caso, preso atto della qualità così scadente, lo lascia al
produttore.
Così è avvenuto per Birdget.
La mamma surrogata nel pieno della gestazione è stata sfollata a forza da una
zona di guerra, Donetsk ed avendo una gravidanza gemellare è incorsa in
complicanze che le hanno indotto un parto tragicamente prematuro.
In questa cinica
“amazonizzazione” della gestazione umana la presenza di “prodotti” che
disattendono i desiderata dei clienti sono statisticamente prevedibili e forse
pure accettati. Basta che i clienti che lasciano una stellina siano pochi, ecco
tutto. Ma siamo umani e quei bimbi sono la pietra d’inciampo che la Provvidenza
lascia sulle nostre strade per farci cadere faccia a terra sulle nostre
miserie.
I bambini
scartati dai falsi costruttori saranno pietre angolari
Questa bambina, cercata per
un anno intero da Samantha Hawley, ha tuttora l’ardire di vivere e di
prendere l’amore che le viene, come viene. Ai suoi genitori americani non
piace, si sa, e per questo si sono permessi di chiederne persino la
soppressione per interruzione dei sostegni vitali.
Ha il cognome di questa
coppia non è cittadina ucraina, vive senza essere di nessuno, sorride, si
sforza di imparare. Siamo nell’istituto di Zaporizhzhya, un centro industriale
a sud-est della capitale Kiev ed è lì che vive ancora la piccola, insieme ad altri
200 bambini circa.
Nella sua vita è entrata
quella di un’infermiera, la signora dai capelli rossi che alza davanti al suo viso quello
della dolce Brizzy. La ama, si prende cura di lei ma non può diventare sua
madre adottiva. Si rammarica che non sia stata accolta subito in una famiglia
vera in grado di amarla e stimolarla adeguatamente perché Brizzy ha tante
potenzialità, dice in mezzo ad un sorriso e un magone che la strozza.
(…) Bridget vive. Cresce.
Oggi ha 3 anni e mezzo, è disabile, ha un ritardo intellettivo e motorio, ma
con la sua dolcezza abbaglia la giornalista australiana che è riuscita a
rintracciarla e incontrarla. L’infermiera che segue Bridget da quando è nata,
Marina Boyko, la fa giocare, la abbraccia e assicura che la piccola bionda è in
grado di capire ciò che le si dice, probabilmente potrà camminare. Certo, se
avesse avuto una famiglia amorevole accanto anziché un orfanotrofio e delle
infermiere, per quanto affettuose, le cose sarebbero potute andare
diversamente. (Ibidem)
Sono andata a vedere sulla
pagina Facebook della coraggiosa giornalista: c’è un post datato 23 agosto che
ha per oggetto la gratitudine. Sono arrivate donazioni per aiutare Bridget
nelle cure e anche disponibilità ad adottarla.
Nel mercato disumano del commercio
di bambini e sfruttamento delle donne c’è una tragica e coerente conseguenza: i
prodotti fallati non arrivano a casa del cliente. Ma sono proprio questi
bimbi, fragilissimi, a gridare al mondo che siamo ancora umani e che il nostro
principale dovere è l’amore ai piccoli, a quelli che sono “solo” persone. Prima
o senza poter diventare “centri di produzione di consumo”.
Anche questi sono effetti
collaterali e decisamente più desiderabili.