Luci e ombre del potere biotecnologico nel tempo prenatale e perinatale

Per scaricare l'intero articolo della Professoressa Giorgia Brambilla, è necessario cliccare qui.

La professoressa è bioeticista, con specializzazione in morale sessuale e familiare, ostetrica. Inoltre è Docente Ordinario presso l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.

Il contributo da cui sono tratti i seguenti frammenti e che è scaricabile interamente dal link sopra, è pubblicato in E. Larghero - M. Lombardi Ricci, Venire al mondo tra opportunità e rischi, Edizioni Camilliane.


«Il più grande problema umano e quindi morale del miglioramento genetico riguarda, infatti, non tanto la perfezione a cui aspira, quanto la disposizione interiore che promuove a partire dalla originaria e fondamentale relazione tra tutte le relazioni umane possibili, quella tra genitori e figlio. 
Questo contributo propone una riflessione sulla genitorialità nell'ambito delle nuove tecnologie con 
particolare attenzione al problema del miglioramento, con l'obiettivo di offrire una rilettura bioetica 
del principio di responsabilità applicato alla procreazione. Per fare questo, si tenterà di analizzare ciò che soggiace a tale approccio alla vita, sviscerandone il problema teoretico e ragionando in termini di humanum nell'ambito dell'accoglienza di un figlio».

«In termini più negativi già John Stuart Mill affermava che mettere al mondo un figlio senza ragionevoli prospettive di assicurargli non solo alimento per il suo corpo, ma anche istruzione ed esercizio per la sua mente, sarebbe un crimine morale, sia contro la sfortunata progenie, sia contro la società e fare figli diventa un delitto. Quest'obbligo di dover rendere conto alla società, ma anche a se stessi delle proprie scelte in ambito procreativo, mette sulle spalle dei genitori un carico molto pesante. Una volta mettere al mondo un neonato con la sindrome di Down era considerato una fatalità; oggi molti genitori con figli affetti dalla sindrome si sentono giudicati o biasimati. Un campo in precedenza dominato dal fato è ora un'arena della scelta».

«l'amore dei genitori si compone di due dimensioni: è amore che accetta e amore che trasforma. L'amore che accetta riconosce l'essere del figlio nell'accoglienza, l'amore che trasforma ricerca il suo bene. Ora, i genitori fanno spesso fatica a trovare un equilibrio, che è necessario, tra questi due aspetti; infatti, «senza l'amore che trasforma, l'amore che accetta diventa indulgenza e infine negligenza. Senza l'amore che accetta, l'amore che trasforma diventa assillante e finisce col respingere».