Con l’avvento dei test del Dna fai-da-te negli Usa stanno emergendo
decine di casi di persone nate da fecondazione assistita il cui padre biologico
non è il donatore di spermatozoi individuato inizialmente, ma spesso è il
medico che ha eseguito la procedura. Lo afferma il New York Times,
in un’inchiesta relativa a diversi casi di persone nate tra gli anni ’70 e ’80.
Il medico donatore
“abusivo”
Jody Madeira, racconta il quotidiano, una docente di legge dell’università
dell’Indiana, sta seguendo oltre 20 casi in tutti gli Usa e all’estero,
compresa l’Olanda, dove uno specialista, Jan Karbaat, ha fatto nascere
con i propri spermatozoi almeno 56 bambini.
Nell’Ontario lo scorso giugno un medico è stato radiato dall’Ordine dopo la
scoperta che era diventato padre di 11 bambini all’insaputa delle mamme, che
invece avevano scelto il donatore da un catalogo. Il medico si è difeso
affermando di aver usato il proprio liquido seminale per calibrare gli
strumenti. «Le sue azioni – ha affermato il comitato che ha deciso la
radiazione – avranno ripercussioni sui pazienti e le loro famiglie per molte
generazioni».
La storia di Bridget
È una storia atroce, quella che arriva dall’Ucraina, il Bengodi europeo
dalla maternità surrogata; quella di una bambina prima commissionata e poi
scartata come un prodotto difettoso e che ora cresce tutta sola in un
orfanotrofio. Una storia emersa grazie alla tenacia di una giornalista della rete
australiana Abc News, Samantha Hawley, che dopo un anno di
ricerche ha incontrato la piccola Bridget e l’infermiera che si occupa
di lei nell’istituto di Zaporizhzhya, un centro industriale a sud-est della
capitale Kiev.
I due neonati
Matthew S. E.T., 39 anni, e la matura moglie Irmgard P., 61, stipulano un contratto
di utero in affitto in Ucraina. Nel febbraio 2016 la madre portatrice, che vive
nell’area di guerra, a Donetsk, mette al mondo due gemelli alla 25esima
settimana di gestazione. Uno muore. L’altra è Bridget, 800 grammi di peso. I
medici riscontrano danni cerebrali.
Una coppia “delusa”
La coppia americana è delusa, si aspettava un figlio perfetto, non certo un
prodotto difettoso… Così rifiutano Bridget, tornano in California e dopo cinque
mesi, con una lettera formale chiedono ai medici di «staccare la spina» alla
figlia lontana, visto che le sue condizioni appaiono irreversibili. Si apre
una questione: la bambina è legalmente figlia di due americani, non ha la
cittadinanza ucraina, non può essere dichiarata adottabile e dunque resta in
orfanotrofio, compromettendo le possibilità di ripresa che avrebbe avuto in una
famiglia amorevole.
La dolcezza della
piccola sopravvissuta
Due anni dopo la nascita i coniugi inviano un ulteriore documento, «firmato
alla presenza del console generale dell’ambasciata Usa», in cui danno il loro
consenso all’adozione di Bridget. Ma questo non cambia la sorte della piccola.
Inaspettatamente, comunque, Bridget vive. Cresce. Oggi ha 3 anni e mezzo, è
disabile, ha un ritardo intellettivo e motorio, ma con la sua dolcezza abbaglia
la giornalista australiana che è riuscita a rintracciarla e incontrarla (Avvenire, 23 agosto).
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Lo stop dell’India
Intanto in India e in Spagna, i Governi hanno decisi di frenare il business
delle madri surrogate con interventi legislativi molto netti.
Il Parlamento indiano ha approvato un provvedimento che vieta in tutto il
Paese la maternità surrogata a fini commerciali.
La legge autorizza la pratica dell’utero in affitto solo nel caso di scelta
altruistica, tra persone della stessa famiglia, e solo per le coppie di indiani
sposate da almeno cinque anni che non abbiano altri figli viventi. Diventano
così fuorilegge le oltre tremila cliniche private che dal 2001 operavano in
tutto il Paese (TgCom, 6 agosto).
Le “agenzie” in Spagna
La Procura spagnola indagherà sull’attività delle agenzie di gestazione
surrogata che operano in Spagna. A monte dell’iniziativa, una denuncia della
ministra di Giustizia ad interim, Dolores Delgado. In una nota,
quest’ultima ha ricordato che la pratica è vietata per legge dal 2006. E che le
società che offrono tale servizio mediante filiali in Spagna «lucrano con
quest’attività illegale realizzata in Paesi terzi». Nella richiesta, trasmessa
dal pubblico ministero all’Audiencia Nacional, l’esponente del governo
socialista chiede di valutare «la possibilità che in questi Paesi terzi
siano violati i diritti delle donne in gravidanza».
E che «a volte, si facciano passare per figli bambini nati senza relazione
genetica alcuna con le coppie» di destinatari. Secondo l’ex magistrato,
potrebbero configurarsi i reati di traffico di minori, associazione criminale,
riciclaggio di capitali e falso in documenti. «È una questione molto grave che
ci sia chi fa affari con il ventre delle donne» (Avvenire, 14 agosto).