La "mentalità" della PMA


Cosa significa volere un figlio?

Completarsi, come famiglia, come coppia, come nucleo familiare, è una necessità di molte persone: uomini e donne che sentono di essere pronti per dare amore a una nuova persona. Già, ma "cos'è" quella nuova persona? O meglio: CHI È?

Per ognuno di noi il bisogno di un figlio nasce da presupposti differenti che spesso si basano sul fatto che viene un momento, nella propria vita e nella vita della coppia, che si desidera completare la famiglia con un individuo, una persona che sia espressione dell'amore tra i coniugi.

Pur tuttavia, non tutte le coppie riescono a mettere al mondo dei figli biologici. 

Ed è qui che nasce un problema: cosa significa mettere al mondo un figlio?

La "mentalità" della PMA ha portato al fatto che molte coppie, molte donne, desiderino un figlio sentendolo come un diritto personale. Questo investire il figlio di tutto il buono del quale si ha bisogno, rende il figlio un mezzo per raggiungere la felicità, un fine verso il quale ottenimento è possibile usare ogni mezzo possibile e, talvolta, una soluzione a ogni problema. 

L'immensa sofferenza personale della donna che che vive l'infertilità o la multiabortività, è enorme e si va a coniugare con la sofferenza del compagno che, direttamente (desiderando anch'egli un figlio) o indirettamente (desiderando la comunione con la compagna), si trova ad affrontare la situazione. 

Le famiglie soffrono e la Medicina non sempre è d'aiuto, non potendo risolvere tutti i problemi che le coppie si trovano a vivere.

Noi Donne Consapevoli non appoggiamo la PMA per un semplicissimo motivo: è un inganno nei confronti primariamente dei genitori, secondariamente del figlio. Vorremmo poter trovare un modo per rendere le altre opzioni per avere un figlio - Naprotecnologie e adozioni, per esempio - un'alternativa alla PMA, ma di fatto queste non lo sono. E non è che non sono valide possibilità per diventare genitori perché funzionano meno della PMA, ma perché vedono la genitorialità in modo completamente differente da come la vede la PMA. Per quest'ultima, il raggiungimento del figlio, è un diritto in ogni situazione (donna single, coppia omoerotica, eccetera), che la scienza deve assolutamente realizzare. Il figlio è un oggetto necessario per trovare uno scopo alla propria vita e spesso non si pensa che un figlio è una persona, un cittadino da educare e da rendere capace di autonomia. E il trasmettergli che lui, il figlio, è stato messo al mondo per realizzare un desiderio, non è, proprio per lui, il metodo migliore perché si senta libero di affrontare la vita.

Allora chi è un figlio?

Nessuno può rispondere se non in cuor proprio, ma sappiamo con certezza che le Naprotecnologie e l'adozione sono un mezzo per capire un concetto molto semplice: non si dà un figlio a una famiglia, ma si dà una famiglia a un figlio che se giungerà tra le braccia della famiglia in modo biologico o tramite affido o adozione, sarà una persona amata e che riceverà attenzione ed educazione. 

Il desiderio del figlio, in sé, è bello, buono e fisiologico: quando si desidera un figlio, significa che la coppia è solida, che la donna e l'uomo si percepiscono maturi per compiere la scelta di essere famiglia... Tuttavia vi è, come in tante cose, l'"altra faccia" della proverbiale medaglia: il desiderio è anche un limite perché proietta verso il figlio un enorme aspettativa quasi fosse colui che potrebbe risolvere l'identità del genitore. 

Se volessimo, infatti, creare uno schema semplice per comprendere la nostra visione, basterebbe pensare alle seguenti immagini:

Per i bambini (biologici e adottivi), l'amore (il cuore) è in secondo piano: loro cercano tutto quello che i genitori possono dare loro, ma non verbalizzando apertamente che ciò di cui hanno necessità è l'amore. Questo sentimento è nobile, ma è un mezzo, non un fine, per un bambino. 

Non è un caso che l'adozione, con le sue regole ferree e doverose, non sia equiparabile né alla PMA, né, tantomeno, ad altri mezzi come il cosiddetto 'utero in affitto'. L'adozione è il mezzo tramite il quale una coppia si dona completamente a un bambino che è rimasto senza famiglia: lo fa gratuitamente e assumendosi la responsabilità di situazioni spesso particolari e delicatissime. La PMA (per non parlare dell''utero in affitto' anche "donativo") è, al contrario, un modo per soddisfare i propri bisogni di avere un figlio che, spesso, è deciso a tavolino, analizzato prima dell'impianto, scelto tra altri (definiti dai biologi, per l'appunto, "brutti" o "belli") e poi provato a nutrire nell'utero materno. 

ATTENZIONE: comprendiamo cosa succede alla coppia e alla donna, quando una gravidanza non arriva né spontaneamente, né artificialmente. Siamo solidali con quella tristezza e quella progressiva terrificante disperazione nel non poter riuscire nel proprio bisogno di creare una famiglia. Non desideriamo giudicare negativamente la donna e la coppia che opta per affrontare un durissimo percorso fatto di esami, visite, analisi più o meno invasive, sogni che si spezzano e ripetute delusioni. Anzi, al contrario, vorremmo che queste coppie potessero vedere altro rispetto a questo mondo. Vorremmo poter dire loro: 

«Non siete soli! Non fatevi intrappolare nella 'gravità' del pianeta PMA perché potrebbe deludervi! Prima di affrontare la PMA ci sono altre strade, altri percorsi che potreste affrontare assieme ad altri che ci sono passati». 

È per questo che noi suggeriamo i percorsi di consapevolezza come Le famiglie di Mamre, oppure i percorsi alternativi alla PMA come le Naprotecnologie, e, ovviamente, l'adozione. Vorremmo che le donne e le coppie si avvicinassero al loro giusto desiderio, evitando di vedere nel figlio l'unico mezzo per la loro felicità, un dono che possono ricevere in altro modo rispetto alla biologia, una PERSONA che possono amare anche spiritualmente aiutando bambini in difficoltà (e anche le loro madri).

L'adozione, la Naprotecnologia, l'affidamento, non sono, ovviamente, un modo per colmare il vuoto che dà l'infertilità: le donne che soffrono per una mancata maternità hanno bisogno di sentire il loro dolore accolto e non di trovare un modo eticamente accettabile per avere un figlio, perché altrimenti non cambiano mentalità, approccio, strada. Noi desidereremmo far comprendere a queste donne che noi vorremmo primariamente che accettassero questa  loro condizione (da qui alcune proposte di riflessione che possono essere di spunto), che l'unica soluzione proposta non sia "Vi aiutiamo a trovare un'alternativa che fa per voi". 

Attraverso le storie che ci vorrete raccontare, noi vorremmo aiutare altre donne che soffrono. Vorremmo che la Medicina capisse che ciò che propone è solo rendere i bambini degli oggetti del desiderio, messaggio che è eticamente sbagliato e può solo portare alla rovina della salute dei bambini.